Forte come la gentilezza: il Coaching e la Leadership gentile
Il linguaggio della gentilezza ha il potere di cambiare le relazioni, anche in azienda. Per farlo possiamo ispirarci ad alcune strutture già usate nel Coaching, quali? Le riflessioni dei nostri Coach in occasione della Settimana internazionale del Coaching ICF
Il vecchio modello di leadership legata all’autorità è ormai fortunatamente in declino, tuttavia il cambiamento culturale non è del tutto compiuto. Lo si percepisce soprattutto nel linguaggio, nei modi in cui certi “capi” si approcciano ai loro “sottoposti”. E di riflesso nel clima interno a certi team e organizzazioni. Ma non è solo una questione manieristica: non basta ingentilire il linguaggio, occorre cambiare presupposti mentali. Tra l’altro, le due cose sono tra loro collegate: iniezioni di gentilezza portano a cambiamenti nel mindset, e viceversa.
Ne abbiamo parlato in occasione della Settimana Internazionale del Coaching promossa da ICF, insieme ai nostri PCC coach Valentina Ferrari, Camillo Sperzagni e Andreas Schwalm, il cui tema, quest’anno, è stata la gentilezza. Qui puoi rivedere lo streaming dell’intero webinar:
Il parallelismo fra Leader e Coach
Il coach e il leader hanno in comune molti punti, tanto che alcuni nuovi approcci alla leadership parlano di Leader-Coach ovvero una figura capace mettere in primo piano proprio l’empowerment dei collaboratori. Partiamo da qui: mettere al centro l’identità e il potenziale del collaboratore o del cliente. Per farlo occorre comunicare: il linguaggio gentile serve per far sentire il collaboratore riconosciuto e rispettato. Creando una relazione di collaborazione e armonia, le persone coinvolte tendono spontaneamente a dare il meglio di sé.
Ovviamente le due figure – leader e coach – non sono sovrapponibili in tutti gli aspetti: il coaching, infatti, è una relazione di partnership, in cui il coachee è responsabile della definizione dei suoi obiettivi e del loro raggiungimento, mentre il coach lo è del processo. La complessità del ruolo di un leader è connotata anche da altri aspetti, non solo legati a obiettivi e processo. Noi parliamo di una contaminazione, in cui alcune skill di coaching possano confluire in una figura di leader del futuro.
Che caratteristiche dovrebbe avere un linguaggio gentile?
Lo abbiamo chiesto ai partecipanti al webinar e questi sono i risultati:
Ai primi tre posti troviamo ascolto, gratitudine e rispetto: quanto sono vicine alle modalità con cui ci si relaziona nei nostri luoghi di lavoro?
Al di là delle etichette, ci sono alcune strutture di linguaggio che possono venirci in aiuto, e che (guarda caso) sono le stesse che caratterizzano una relazione di coaching:
Usare le parole dell’interlocutore
L’effetto è quello di aumentare l’ascolto e dare un messaggio di riconoscimento. In termini tecnici stiamo usando un linguaggio rogersiano (da Carl Rogers, fondatore della psicologia umanistica) e stiamo facendo ricalco verbale, come lo definisce la Programmazione Neurolinguistica
Dare feedback con il linguaggio accrescitivo
Il famoso linguista Noam Chomsky sostiene che alcune strutture sintattiche sono comuni a tutti i linguaggi, e sono proprio queste a influenzare più potentemente la comunicazione: le preposizioni avversative sono tra queste. Il trucco è semplice, ma all’inizio faticoso: in una critica, proviamo a sostituire la preposizione avversativa (ma, però, ecc) con una preposizione accrescitiva, ad esempio “in più”, “anche”, “quindi”, “perciò”, “e”, “inoltre”, “meglio ancora”. Così facendo, invece di sottolineare ciò che non va, si evidenzia ciò che potrebbe andare meglio.
Il punto è questo: una maggiore attenzione al “come” dire, alle parole giuste, può aiutare un manager a diventare un leader al passo con il cambiamento e lo sguardo verso il futuro? Secondo noi sì.